"Si Tus Sueños No Tienen Limites. Joaquin Torres-García usaba bloques de madera en los juguetes que fabricaba para sus hijos...Los juguetes de Torres-García tienen la solidez rotunda de la madera con la que están echos y la belleza poética de los dibujos de los cuentos y de las fábulas de animales...En cada uno de sus juguetes está el fulgor de su imaginación y la destreza artesanal de sus manos, igual que en los libros que hacía, volúmenes enteros escritos y dibujados a mano: e título y la ilustración de la portada, las ilustraciones interiores, páginas meticulosas llenas de signos jeroglificos y de palabras trazadas con una caligrafia clara y regular. En cada página de cada libro único se ve todo el trabajo inmenso que puso en hacerlo, un empeño silencioso como el de un copista medieval o un escriba egipcio..." (Antonio Muñoz Molina, Un andar solitario entre la gente).

Una scatola di cartone, un nastro colorato, un campanellino. Un ricovero semplice dove riporre e custodire il libro. Una porta d'accesso a un mondo di forme e colori, di perline che piovono da un arcobaleno, di coccinelle di legno che scorrono da un fiore all'altro lungo un filo di raso, di bottoni che aprono la porta della casa-fungo, dimora della lumaca che poi si nasconde nel prato sotto una foglia. Cerniere che si aprono e si chiudono a proteggere il sonno dei cavalieri nella tenda di un accampamento, specchi che si fanno laghetti dove papere sguazzano liete mentre un contadino nel prato vicino raccoglie frutti dalle piante dividendo in cesti distinti le mele dalle pere. E poi occhi mobili, di tutti i colori, per dar luce allo sguardo dei folletti e degli animali a dito che inventano e racccontano storie scorazzando qua e lá tra le pagine morbide. Un mondo da sfiorare, toccare, coccolare, un mondo da aprire o chiudere, da far scorrere, da piegare, abbottonare o sbottonare, un mondo da inventare e da giocare.

Annagi


 

"Dare un nome proprio e dare alla luce sono la stessa cosa...la luce non é semplicemente quella che si riflette sulle cose, ma quella che ne esce quando le chiami per nome.." 
(Alessandro D'Avenia, L'appello)

Un nome e tutto prende vita. Cosí comincio a meditarlo, lo lascio entrare nei miei pensieri e ispirare le mie mani. Una storia di montagne, abitate dai  folletti dei boschi o di sirene che affiorano tra le onde del mare. Suoni, immagini, sensazioni che riempiono le pagine ispirate da un nome. Cosí Anna nel suo libro scoprirá la montagna, Rizal il mare, Federico le avventure di prodi cavalieri, Anita i folletti che si nascondono nei tronchi degli alberi, Viola un'orsetto che ancora sonnecchia nel letargo invernale mentre la volpe gioca felice tra i fiocchi di neve. E poi quel nome, sulla copertina di quel libro diventa un fiore, una collana di bandierine al vento, un insieme di palloncini colorati, una ghirlanda di petali di rosa, un fruscio di farfalle che si rincorrono tra le fronde di una pianta in primavera. La copertina é l'ultima pagina che prende forma. Cucire il nome é il gesto di commiato prima della rilegatura mentre dietro la porta aspetta, impaziente, un altro nome.

Annagi

 

"...e in fine il piacere che si prova in gustare e apprezzare i propri lavori...non con altra soddisfazione di aver fatta una cosa bella al mondo; sia essa o non sia conosciuta per tale da altrui. (Giacomo Leopardi, Zibaldone 15 febbraio-15 aprile 1828)".

Amo aprire quella porta, entrare nella stanza e subito dopo richiuderla alle mie spalle. Amo farlo, anche quando la pigrizia mi trattiene o quando il senso del tempo che vola via mi invita a fare altro, inviandomi il messaggio che "altro" é sempre piú importante.
Amo i colori, gli odori, sedermi alla scrivania, accanto alla finestra. Amo la luce, che accende le tonalitá dell'azzurro, del verde, del rosso, amo i gialli, i viola, gli arancioni, l'arcobaleno dei ritagli e il girotondo dei fili di cotone.
Amo il silenzio, perché in esso affiorano le voci, i volti, i gesti di nuovi personaggi, i luoghi incantati dei paesaggi che affiorano dal moto divertito di un paio di forbici. Amo la colla a caldo, che fissa i particolari, gli occhi mobili, le coccinelle in legno, i fiori e le gemme preziose, cosí come amo i bottoni, i lacci, i nastri variopinti e il suono dei campanellini.
Amo le mie mani, mentre scelgono le pezze colorate, abbinano, ritagliano, assemblano, cuciono. La fatica del rilegare e la gioia della nascita di una nuova creazione.
Amo il suono delle campane tibetane alle quali affido la purificazone, perché chi riceverá il dono possa averlo puro e farlo suo fin dal principio.
Annagi